
Le due facce di Narciso
by don Aurelio
Il narcisista è una persona vanesia, autocentrata, innamorato della propria immagine idealizzata che nasconde il Sé reale e la carente autostima, con un bisogno continuo di riconoscimento del proprio valore.
Esiste tuttavia una forma di narcisismo sano che ci spinge a prenderci cura di noi stessi in modo equilibrato e per una doverosa e serena autostima.
Marco Aurelio governò per quindici anni durante la peste antonina e in un contesto di stoicismo disse che la vera pestilenza era il narcisismo e altre patologie morali, non la peste che attacca il corpo.
Molti leaders politici di oggi avrebbero molto da imparare da Marco Aurelio.
Viviamo in una società che ha amplificato la centralità dell’apparire e del talento misurato attraverso il numero dei follower.
Eppure è contribuendo al successo altrui che elevo il mio valore.
Se il lato narcisista si irrigidisce, diventa impossibile costruire una sana relazione di coppia.
Nell’attività lavorativa il narcisista ottiene il punteggio più alto nei colloqui di selezione e viene assunto in quanto brillante e sicuro di sé, ma diventerà un leader deludente per la sua scarsa capacità relazionale.
I genitori narcisisti si compiacciono del successo dei figli solo quando il genitore si identifica in loro.
Il selfie e la foto postata su Istagram spesso rappresentano la fragilità dell’autostima e la paura di non essere sufficientemente visibili pubblicamente.
Forse siamo un po’ tutti ‘egocentrici infantili’, fragili e insicuri, per questo siamo incapaci di assumerci responsabilità e di empatizzare con gli altri.
Oltre ad ascoltare chi ci sta accanto, dovremmo prenderci del tempo per ascoltare anche noi stessi.
Quando lo facciamo scopriamo tante cose…
Come fare a prestare attenzione ai molti e fugaci stimoli che nella cultura della complessità ci subissano da ogni parte?
E’ importante riorientarci quando ci perdiamo nella selva delle distrazioni.
E’ l’altruista patologico a creare il nevrotico egoista e la disgregante conflittualità nel gruppo.
Da questa angolatura sarebbe interessante riflettere sulle motivazioni del volontariato sociale anche nella comunità parrocchiale; spesso il presunto altruista in parrocchia diventa un insopportabile egoista in famiglia.
Certamente l’isolamento sociale aumenta i fattori di rischio per la salute.
Spesso guarigioni ‘miracolose’ e talvolta il benessere psicofisico son dovuti alla condivisione di legami profondi e sereni a livello sociale.
Le relazioni affettive di qualità e quindi sentirsi aiutati e supportati (non sopportati), contribuiscono a non ammalarsi, a guarire più in fretta e a vivere più a lungo.
La fede in quanto relazione significativa con Dio indubbiamente aiuta a vivere meglio. In fondo Gesù è venuto tra noi per aiutarci a “vivere in pienezza” la nostra vita.
2024-11-14