Meditazione silenziosa per incontrare Dio

by don Aurelio

Ho letto recentemente il libro di Paolo Squizzanti: 'Se non lo cerchi lo trovi' (ed. Paoline) che mi ha ispirato alcune riflessioni. In questo tempo, nel quale sono in pensione, mi ha aiutato a riscoprire 'il proprio sé autentico' attraverso l'antica e più che mai attuale pratica della meditazione silenziosa. E' l’affascinante mondo dell' 'esichia' (letteralmente 'calma-pace') come stato di silenzio e di solitudine necessari all’esperienza spirituale e per ritornare al centro interiore, al di là del nostro ingombrante 'ego'. Sono tre i principi dell’esichia:

  • fuge: fuggi il mondo
  • tace: resta in silenzio
  • quiesce: riposa nella pace
Questo programma spirituale è dell’eremita e del padre del deserto Arsenio, allievo di Girolamo. Conobbe anche S.Agostino, fu ordinato diacono da Papa Damaso e fu precettore dei figli dell’imperatore Teodosio.
Fuggire il mondo significa allontanarsi da ciò che ci soffoca e ci schiaccia, per fare l'esperienza del deserto: quando tutto crolla rimane ciò che conta veramente.
Tacere significa diventare silenziosi: Una parola non fecondata dal silenzio è pura chiacchiera. Dopo il tabù storico del sesso, oggi dobbiamo prendere coscienza del tabù del silenzio e della morte. Riposare nella pace significa essere ciò che si è, senza aggiungere o togliere nulla. Cercare Dio, ma soprattutto lasciarsi trovare da Dio: se non lo cerchi, lo trovi… appunto.
Meditare (cfr.John Main) è l'atto del non fare, semplicemente si sta 'in libera e nuda attesa dell'unica cosa necessaria', che nemmeno la morte può toglierci. Simone Weil ha scritto: 'Amare la verità significa sopportare il vuoto e quindi accettare la morte'. Giungere al vuoto e quindi lasciarsi abitare da Dio significa attraversare la notte che S.Giovanni della Croce ha descritto nella salita al Monte Carmelo.
Per giungere al possesso del 'Tutto', non voler possedere niente. Giovanni Vannini ci ricorda il distacco con l'immagine della statua che Plotino nelle Enneadi accompagna con questa esortazione: 'Ritorna in te stesso, fa come lo scultore di una statua che deve diventare bella'. Egli toglie, raschia, liscia, ripulisce finché nel marmo appaia la bella immagine: come lui, tu leva il superfluo, raddrizza ciò che è obliquo, purifica ciò che è fosco e rendilo brillante e non smettere di scolpire la tua propria immagine interiore. Anche Etty Hillesum, nel suo Diario, situa Dio nella parte più profonda di se stessa : 'Certe persone pregano con gli occhi rivolti al cielo: cercano Dio fuori di sé . Ce ne sono altre che chinano il capo, nascondendolo tra le mani, credo che cerchino Dio dentro di sé'.
Nel proprio mondo interiore far spazio dallo sfasciume dell'io perché possa emergere l’essenziale. La vita è data da ciò che riceviamo, non tanto da ciò che produciamo. La meditazione non si attacca a nulla, né in terra, né in cielo. Nella meditazione le parole cessano, si gioisce per la comunione con Dio: 'Non sono più io che vivo,ma Cristo vive in me' (Gal. 2,20). Dio e io siamo una cosa sola (Meister Eckart).


2024-03-26