Mi piacciono le persone che per brillare non spengono nessuno

by don Aurelio

Mi piacciono le frasi brevi, dense di significato che come gli aforismi racchiudono in poche parole riflessioni profonde. Il titolo scelto di questo trafiletto è quasi una analisi psicologica delle dinamiche di potere tra persone.
Le relazioni umane si basano su un delicato equilibrio tra collaborazione, competizione, comunicazione…. La frase che ho scelto sottolinea un ideale di interazione tra le persone in cui la crescita individuale non avviene a scapito dell’altro. Il bisogno di brillare è espressione di autostima e di confronto sociale. La necessità di brillare, cioè sentirsi validi, apprezzati e riconosciuti è tipica di ogni persona umana. Abraham Maslow, nella sua famosa gerarchia dei bisogni, colloca la motivazione della stima tra quelle più elevate, subito dopo quelle fisiologiche e di sicurezza. Anche in una comunità ecclesiale sentirsi apprezzati contribuisce alla costruzione della propria identità e al senso dell’appartenenza. Tuttavia viviamo in una società che alimenta un clima di competizione costante.
La cultura della performance, potenziata dai social media, ci spinge a confrontarci continuamente con gli altri, spesso in modo tossico. Questo confronto può generare due esiti distinti:

  • Un’autostima sana, che si basa sulla consapevolezza del proprio valore, senza necessità di svalutare gli altri.
  • Un’autostima fragile, che invece trae forza dal confronto negativo: ‘ Se l’altro è meno bravo, io valgo di più’.

Chi per brillare spegne gli altri spesso ricade nella seconda categoria. La nostra insicurezza ci spinge a svalutare, manipolare o addirittura sabotare gli altri, per sentirci superiori. Inizialmente questo comportamento sembra efficace per rinforzare il proprio ‘ego’, in realtà crea spesso relazioni dannose e un ambiente ostile. Nelle nostre relazioni c’è un elemento centrale: il potere. Il potere nelle relazioni può creare dinamiche costruttive oppure distruttive ,non soltanto nell’ambito lavorativo o politico, ma anche nelle amicizie, nelle relazioni familiari e sentimentali. Possiamo distinguere due approcci:

  • Potere competitivo per avere di più, l’altro deve avere di meno. Nasce così la manipolazione, l’invidia e la tendenza a ‘spegnere l’altro’.
  • Potere collaborativo: collaborando, si può accrescere il benessere e il successo di tutti.

Quest’ultimo approccio si basa su empatia, fiducia in se stessi e su un’idea positiva del mondo. Il successo degli altri non è una minaccia, ma un’opportunità . Favorire un ambiente umano ed ecclesiale in cui tutti possono esprimere il proprio potenziale non solo migliora le relazioni, ma accresce anche il benessere sociocomunitario. Chi promuove il successo altrui è considerato più affidabile e carismatico. Chi si sente sostenuto è più incline a supportare gli altri, creando relazioni sane e serene. La vera forza della comunità non risiede nel dominare, ma “nel costruire insieme”. Questo impegno interiore a livello umano ed ecclesiale esige l’accettazione dei propri limiti, la celebrazione dei successi altrui, nella convinzione che il bene di uno può essere il bene di tutti.
E’ evidente che cercare anche nella chiesa in tutti i modi di fare carriera, si manifestano difficoltà personali con comportamenti distruttivi. Spesso emerge uno stile manipolativo nei confronti delle altre persone, tronfi della propria superiorità si disprezzano gli altri e se non sono accesi i riflettori si è demotivati… Anche il gioco di squadra diventa impossibile. Ci sono laici clericali che nella chiesa esercitano poteri abusivi e non rendono un buon servizio.


2025-01-31