
Vagabondi o pellegrini, irrequieti o inquieti?
by don Aurelio
Abbiamo due modi di camminare: pellegrinare o vagabondare.
Paradossalmente il vagabondo e il pellegrino possono condividere lo stesso cammino e possono convivere dentro il nostro spirito. La differenza tra pellegrino e vagabondo sta nell’avere una meta oppure no…
I primi 40 anni della nostra comunità sono stati ben descritti dalla pubblicazione 'Camminiamo insieme', nella quale possiamo rileggere le intersezioni tra vagabondaggio e pellegrinaggio socio-pastorale.
La storia della nostra comunità è abitata dalla speranza, dal desiderio, dal dubbio, dalla disillusione, dalla inquietudine, dalla irrequietezza e dal disincanto. Il pellegrino e chi è spiritualmente inquieto desiderano il raggiungimento della meta; il vagabondo e chi è mentalmente irrequieto non sanno fondamentalmente perché camminano, non sanno neppure dove vanno.
Il pellegrino vive, il vagabondo sopravvive.
La storia di questi anni ci ha testimoniato che esistenzialmente siamo tutti vagabondi e pellegrini, poiché lo spirito umano è un intriso di dubbi e di certezze, desideri e disincanti, sogni e rassegnazioni, consolazioni e desolazioni, inquietudini e irrequietezze.
Essere persone di speranza o rassegnate, vivere grandi ideali o vivacchiare, è il destino che prima si gioca nel nostro cuore e poi nella comunità.
E’ nel cuore che si decide dove si vuole andare… Il cammino che si sceglie definisce la nostra identità e quindi quello di una comunità.
Anche un vagabondo non può vivere senza desiderio e speranza…
La morte prima di essere biologica, è interiore: tutte quelle volte che si sceglie di vagabondare, ogni volta che si spengono i lumini dei desideri e le lampadine dei sogni.
La bellezza della meta, la fatica del cammino, il desiderio di ciò che si ama rendono la nostra umanità e la nostra fede profumati d’eterno.
Come Maria ognuno di noi deve essere pellegrino, non vagabondo.
La Madonna infatti, con la sua vita, ci parla non soltanto della meta ma anche della strada da percorrere come credenti.
Il nuovo nasce e il bene vince perché sono nelle mani di Dio, non sono frutto presuntuosamente della nostra irrequietezza e del nostro vagabondaggio.
Nessuno di noi è solo. Non possiamo dimenticare la presenza silenziosa, ma ostinata della Tenerezza di Dio Padre.
San Francesco è stato pellegrino e l'Ordine da lui fondato verrà detto mendicante e la fraternità dei frati sarà chiamata ad 'andare per il mondo' e a servire il Signore come 'pellegrini e forestieri'.
La tradizione benedettina è invece stabilmente ancorata al monastero.
Queste due spiritualità sono separate da circa 700 anni: S. Benedetto si rivolge al 'voi' della comunità e S. Francesco al 'noi' della fraternità.
I benedettini fuggono il mondo per trovare Dio, i francescani escono nelle strade per riportare il mondo a Dio. I santi seguono lo Spirito Santo e di conseguenza agiscono seguendo il suo volere.
Spiritualità è sempre unita a cammino che in sé non è un fine, ma un mezzo.
Se voglio andare avanti, non posso fare altro che camminare insieme ai miei compagni di viaggio, come storicamente hanno fatto Benedettini, Francescani, Domenicani, ecc...
Nonostante la fatica e la sofferenza, dobbiamo trovare la forza di andare avanti. Percorriamo un cammino interiore, accettiamo sfide e superiamo ostacoli. L''homo viator' cammina cercando il senso della vita, con il volto orientato in avanti verso il futuro, non girato verso il passato: è un uomo che è teso a scrutare all’orizzonte il punto di approdo del suo camminare. Ciò che conta è 'ULTREIA' (saluto utilizzato dai pellegrini medioevali lungo il cammino di Santiago) che corrisponde al significato di 'andiamo oltre, andiamo avanti'.
2024-02-18