
Cambiare: perché e come?
by don Aurelio
‘Non viviamo un’epoca di cambiamento, ma un cambiamento d’epoca’. La nota frase di Papa Francesco non è un gioco di parole. Ai cristiani è chiesto oggi di essere una comunità fondata su relazioni gratuite, forti e durature, cementate dalla mutua accettazione e dal perdono. Occorre il coraggio del primo passo per vincere la paralisi. Concentriamo lo sguardo sul nuovo che avanza, per trasfigurare la storia.
Il secondo passo è imparare a cambiare come chiesa: mai da soli. E’ necessario affermare il primato della missione sul semplice mantenimento delle strutture. Un mese fa un mio amico parroco mi confidava: ’sono stufo di fare l’amministratore e il burocrate per tenere in piedi una istituzione e struttura ecclesiale senza futuro’.
La transizione da una società religiosa (= cristianità) a una secolarizzata con le chiese vuote che tolgono il sonno un po’ a tutti può diventare un ‘kairòs - occasione di ottimismo’.
Durante quasi un millennio il cristianesimo è stato la religione culturale qui in occidente.
E’ stato un periodo così lungo della cristianità che la gente oggi tende a pensare sia ‘eterno senza soluzione di continuità’.
Il mondo è più grande della chiesa che è l’inizio del Regno di Dio, senza identificarsi con esso.
E’ normale diventare una chiesa più piccola e più umile.
Certamente questo processo socio-ecclesiale richiede una conversione ed è ciò che Papa Francesco intende col ‘processo sinodale’.
Un tempo la fede era sostenuta da tutta la società come esperienza sociologica.
Un cristiano nella nostra epoca lo è perché lo vuole: la fede è una risposta personale e libera in una società pluralista.
La chiesa vive nel mondo, non ‘nel suo mondo’. Soprattutto dopo il Vaticano II la chiesa è chiamata a capire i segni dei tempi e ciò che il Signore ci chiede.
Oggi spesso mancano prospettive sul futuro (Card. Kasper): non nuove organizzazioni, non nuove istituzioni, non nuove iniziative, non nuove strategie (occorre invece tornare alla essenzialità e alle radici).
Dobbiamo passare dalla semplice trasformazione organizzativa alla spiritualità, dalla riforma di ‘ambiti pastorali’ alla conversione interiore degli operatori pastorali.
Non possiamo identificare i grandi momenti dell’esistenza umana (dalla nascita alla morte) con le celebrazioni liturgiche (soprattutto relativamente ai sacramenti) con poco riferimento spirituale ed esistenziale (con testi celebrativi obsoleti e astratti): storicamente abbiamo mancato questo ‘aggancio’.
Il programma delle iniziative giubilari sia a livello di chiesa universale e sia anche diocesana hanno continuato a subire il fascino perverso della pastorale dei grandi eventi, dove contano soltanto le apparenze e l’essere in tanti (senza chiedersi ‘perché’ a livello non solo quantitativo, ma qualitativo), testimoniando il vuoto dell’interiorità e la perdita della dimensione trascendente della vita: anteponendo il sembrare all’essere. La seduzione dei grandi eventi è schiava di effetti speciali che sembrano usciti dal cesto di un mago. Per esempio la mascotte-manga Luce del Giubileo 2025 (strizzando l’occhio a modelli discutibili).
Papa Francesco nella Evangelii Gaudium per ben nove volte ci propone il discernimento pastorale ed evangelico. Discernimento non vuol dire ‘riorganizzazione democratica e burocratica dei processi pastorali’ in un contesto di consumismo triste (E G 2) che ci ha resi ciechi e sordi. Già nel Convegno di Palermo del 1995 si parlava di discernimento come formazione spirituale, lettura sapienziale della storia, docilità allo Spirito, ascolto fedele della Parola di Dio, interpretazione dei segni dei tempi alla luce del Vangelo.
Ormai il cattolicesimo di popolo è alle nostre spalle .
Non dobbiamo pretendere soluzioni repentine o decisioni in breve tempo: si tratta invece di un cambiamento di lunga durata.
Il nostro futuro sarà caratterizzato da discernimento e da sinodalità.
Si tratta di guardare il mondo con gli occhi di Dio (EG 180-181).
Papa Francesco al Convegno di Firenze ha detto: ‘mi piace una chiesa inquieta, vicina agli abbandonati e ai dimenticati: una chiesa lieta col volto di mamma che comprende, accompagna e accarezza’.
2025-02-10