La solitudine

by don Aurelio

Il film ‘il raggio verde’ del regista Eric Rohmer nel 1987 che racconta la storia di una solitudine, vinse il ‘Leone d’oro’ al Festival di Venezia. E’ la storia di una donna che ha scelto di essere sola. Delphine, la protagonista, si difende tenacemente da ogni tentativo di intromissione nella sua intimità. ‘Meglio vivere sognando un ideale, che adattarsi a una mediocre realtà e perdere ogni speranza.’ Il raggio verde è l’ultimo raggio del sole che tramonta (Verne).
C’è chi ritiene che la solitudine sia il prezzo da pagare per salvaguardare la propria autenticità. Altri dicono che è terribile essere circondati da 10, 100, 1000 persone, ma nessuna che ti dica una parola amica o che ti faccia un sorriso. Nella solitudine si sente un vuoto tremendo dentro. Il termine solitudine definisce esperienze molto diverse dal punto di vista del vissuto emotivo.
Stare soli è diverso dal sentirsi soli. Chi sta solo si sente isolato dagli altri, ma non escluso, anzi questa è la condizione della creatività e per guardarsi dentro. Il sentirsi soli invece è sempre un’ esperienza spiacevole di angoscia e di abbandono. La solitudine è un sentimento che nasce quando i rapporti umani non corrispondono in qualità alle attese. Esiste una solitudine che è figlia dell’orgoglio. C’ è chi custodisce grandi attese dalla vita, vive valori alti e non accetta la quotidianità meschina o banale. In costoro è presente una componente narcisistica. Narciso era talmente compiaciuto della propria immagine, della propria bellezza e della propria superiorità da fuggire la compagnia degli altri. C’è chi pretende che siano gli altri a fare il primo passo, per essere scoperto e valorizzato.
Di fronte alla solitudine si può tendere a drammatizzarla aggrappandosi al rapporto con gli altri, oppure a idealizzarla negando i suoi aspetti tristi e spiacevoli. Come uscire dalla solitudine?
Incominciando a guardare all’aspetto migliore delle persone che incontriamo e non tanto ai difetti (nessuno è perfetto). Ci sono momenti in cui ti assale lo sconforto e ti senti arido, triste, hai voglia di piangere, di fuggire via, lontano, su un’isola deserta. Tutti corriamo il rischio di precipitare nell’inconcludenza, nella sterilità psico-spirituale: l’ozio ‘produttivo’ alla fine si rivela una sorta di palude.
In un mondo malvagio e incredulo scegliamo di camminare con Dio. Il chicco che non muore resta vivo, ma solo (Gv. 12,24) Joseph Ratzinger alla fine degli anni ’60 nella sua ‘Introduzione al cristianesimo’ scriveva: ‘Nell’estrema preghiera di Gesù sulla croce (‘Dio mio perché mi hai abbandonato?’( Mc. 15,34) il nucleo più profondo della Passione non sembra essere qualche dolore fisico, bensì la radicale solitudine…’ (pag. 242). E’ vero: siamo sempre più connessi, più informati, più stimolati, ma esistenzialmente sempre più soli.
La solitudine è ascoltare il vento e non poterlo raccontare a nessuno. Quando un uomo bussa alla dimora della solitudine ad aprirgli la porta è sempre Dio.


2024-12-10