Destrutturazione e discernimento

by don Aurelio

L’attività di ‘destrutturazione’ del pensiero cristiano è uno dei fini dell'attività massonica e quella 'ateologica' era una iniziativa pubblicitaria sugli autobus una quindicina di anni fa, per amputare la dimensione spirituale della nostra vita. Con nostalgia vogliamo invece ripensare l’aurora della 'ristrutturazione' pastorale conciliare e postconciliare nell'ultimo cinquantennio del secolo scorso e nei primi vent'anni del terzo millennio. Il concilio Vaticano II è lo spartiacque che ha cambiato il volto della chiesa. Contro la tesi della 'rottura' siamo convinti che è stata una esperienza di continuità nella riforma e nel progresso. Ricordiamo, fra i tanti eventi sociali con cui la chiesa ha dovuto fare i conti, la rivoluzione socioculturale del '68 e più recentemente la globalizzazione, per concludere che la chiesa si è 'aggiornata seriamente' e il concilio è stato un avvenimento sociopastorale molto importante.
Nella chiesa noi, che da tempo siamo entrati negli 'anta', abbiamo vissuto un'aurora ed un meriggio a livello pastorale ed ora stiamo destrutturando la nostra esperienza ecclesiale. Infatti durante e dopo la pandemia è iniziata nella società e nella chiesa un percorso di 'destrutturazione' culturale e pastorale. Non abbiamo più modelli di sudditanza, di conformità, di normalità né direzioni di vita da accettare, in quanto già programmati. Abbiamo vissuto un tempo crepuscolare verso il tramonto,nel quale 'la destrutturazione' del passato ecclesiale è entrata in un bacino di carenaggio (povera barca di S.Pietro 'semper reformanda!'), in un contesto di disorientamento, contraddizione, conflitto e confusione. Chi ha cercato in questi ultimi anni una direzione di vita nell’orizzonte della Parola di Dio, del Magistero e della Tradizione, attraverso un sofferto processo di discernimento, li ha dovuti scomporre negli elementi costitutivi per una nuova ristrutturazione della tradizione e del vissuto ecclesiale.
L’indebolimento della direzione vitale, cioè il non sapere come voglio essere, cosa penso, cosa voglio fare si accompagna alla destrutturazione della personalità e della comunità di appartenenza. Abbiamo iniziato il terzo millennio impegnandoci in una direzione dinamica e al passo coi tempi. Nella comunità ecclesiale siamo aiutati a rafforzare la capacità di direzionarci, perché non siamo da soli, ma viviamo una rinnovata appartenenza alla comunità.
In questa esperienza di destrutturazione stiamo vivendo un nuovo percorso di discernimento che ci aiuta a guardare la chiesa non come 'tutto bianco o tutto nero', ma piuttosto nelle varie gradazioni di 'grigio'. Oggi siamo impegnati in una nuova riforma ecclesiale e inculturazione della fede. Ci sentiamo responsabilizzati come operatori pastorali kairologici, ai quali il Signore ha donato tante opportunità, risorse, piccoli segni e sogni di speranza. Stiamo vivendo tempi nuovi molto promettenti (non un tempo inteso come kronos senza significato, ma un kairòs). Stiamo vivendo una nuova 'alba ecclesiale' nella quale si incontra la malinconia della notte e l'abbagliante mattino, lo stupore dei sogni appena conclusi e il risveglio di un nuovo giorno.
Il discernimento non è complicato:dobbiamo imparare a leggere con fede la vita e la storia ecclesiale. Anche il Concilio di Trento (1543-1563) ormai da quasi cinque secoli ci ha suggerito che il discernimento non si fa da soli, ma nella chiesa attraverso la Bibbia e il Magistero: lo Spirito Santo è sempre con noi. Il testo di Luca 24 narra il cammino condiviso dei discepoli di Emmaus.Come credenti dobbiamo accettare la condizione itinerante della nostra fede, non nella solitudine ma facendo memoria, in ascolto 'del forestiero', rileggendo la Parola di Dio, praticando la preghiera. Sono numerosi coloro che oggi trasformano la religione in spiritualità, come ricerca di se stessi, occasione per farsi domande, spazio per ascoltare il mistero.
Questa esperienza ecclesiale si discosta dalla religione istituzionale, vista come un filtro che non permette di sperimentare un autentico rapporto con Dio, in quanto tutto è troppo rigido e già precostituito. Lasciamo alle nostre spalle la destrutturazione ecclesiale, perché vivere senza sapere dove stiamo andando, senza conoscere le sorti del nostro percorso, è la cosa peggiore che ci possa capitare. Significa stare nel buio senza vedere mai completamente la luce. Scorgiamo i primi bagliori di una nuova alba che rischiara il nostro cammino: abbassiamo le montagne dell’orgoglio attorno a noi perché non permettono al sole di illuminarci.
Passiamo dal buio alla luce in modo 'catartico': rompendo la corazza che non ci fa percepire il nuovo in ogni attimo di vita che scorre davanti ai nostri occhi. Pasqua vuol dire 'passaggio' anche dalla destrutturazione ecclesiale al germoglio di sorprendenti sogni di vita nuova.


2024-04-05