Una società senza padri

by don Aurelio

Nella società post - edipica il nome del padre sembra essere cancellato, anzi è diventato l’eterno ragazzino. La sindrome di Peter Pan colpisce tanti padri incapaci di assumersi le responsabilità di un adulto. Oppure all’estremo opposto, la reazione alla cancellazione porta al padre violento che nasconde la tragedia della sua fragilità e della sua debolezza. In questa cornice tenebrosa ci siamo ritrovati ad affrontare prima il covid, terrorizzati da un virus che non conoscevamo e adesso, quasi che la pandemia non bastasse, ecco la guerra che esplode nel cuore dell’Europa. Di che tipo di padre in questo contesto sociale abbiamo bisogno?
Prima di tutto qualcuno che sia sì un padre, ma capace di rinunciare ad essere anche un padrone. Un padre, cioè, capace di essere una porta, che non dimentica che il suo destino è quello di essere attraversata. Un padre che si oppone al male e alla violenza dilagante del mondo, cioè alla guerra, alla mafia, alla corruzione, senza falsi eroismi e senza menzognere ipocrisie. Un padre capace di piangere di fronte al male che c’è nel mondo e rispetto a cui ci sentiamo tutti impotenti. Consapevole che l’ultima parola è sempre l’amore, non la retorica stucchevole del volersi bene, ma la capacità di prendersi cura.
I padri di oggi non devono limitarsi a mettere regole e a punire, ma devono partecipare attivamente alla cura e alla crescita dei figli sin dalla nascita. Non può essere il capo autoritario della tradizione, ma una guida autorevole che ha imparato a prendersi cura, ad accogliere e proteggere, capace di affetto. Il padre è testimone del futuro e del desiderio, capace di rassicurare il figlio su un domani di speranza. Un padre (e anche una madre) devono preoccuparsi di farsi amare e rispettare. Purtroppo oggi assistiamo sempre di più ad una madre che si accolla tutte le funzioni (anche quelle paterne) e un padre che si sfila sempre di più. Il processo di Kafka narra di una persona condannata per un crimine di cui non ricorda nulla, chi dovrebbe non gli dice nulla fino alla fine del processo, che si conclude con la sua condanna. Potrebbe essere una buona metafora di questo padre sempre più assente?
Conosciamo tutti la storia di Telemaco, figlio di Ulisse e di Penelope. Vive nell’attesa del suo ritorno, del ritorno di un padre che non ha mai visto. Un mito che racconta la storia dei figli abbandonati. Questo mito è stato esaminato da Jacques Lacan e recentemente da Massimo Recalcati. Purtroppo oggi separazioni, divorzi, precarietà lavorative, alcolismo, gioco d’azzardo generano una spaccatura da cui i figli non trovano l’orientamento necessario. Non si risolve questa mancanza di direzione educativa facendo decidere ai figli. Oggi non serve più un padre che elargisce disciplina, ma un padre che elargisce testimonianza e dimostra che la vita dentro questa storia ha un senso.


2024-08-05